domenica 26 febbraio 2012

The Artist

Trama: Hollywood 1927. George Valentin è un divo del cinema muto, all’apice del successo. Con l’avvento del sonoro però cade rapidamente nell’oblio, mentre la giovane e bella Peppy Miller, ex comparsa nei film del suo idolo Valentin, comincia la sua ascesa trionfale. Ma non si dimenticherà di Valentin e dell’aiuto ricevuto agli inizi della sua carriera…




Quando il cinema riesce a trasmettere emozioni vere agli spettatori, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata, ha assolto il suo compito. The Artist, scritto e diretto dal francese Michel Hazanavicius, riesce magnificamente a unire forma e contenuto raccontando una storia sul cinema muto senza l’utilizzo del parlato. Nell’era del 3D, che spesso offre film davvero brutti, la scelta di fare un film “muto” poteva risultare azzardata, una roba da matti! Invece The Artist, dopo essere stato presentato con successo durante la scorsa edizione del festival di Cannes, continua a riscuotere giustamente un grande consenso sia da parte del pubblico che dalla critica. La galoppata trionfale prosegue ininterrottamente, in attesa di conoscere il numero di Oscar che verranno assegnati a questa splendida opera, in nomination in ben dieci categorie.

Il film funziona alla perfezione: ogni suo elemento sembra essere al posto giusto. Partendo dalla storia narrata che mescola il dramma del protagonista Vincent a momenti di pura comicità e di passione amorosa. Utilizzando tutte le tecniche del cinema degli anni Venti, The Artist non è né un film per cinefili, né un omaggio nostalgico a un’epoca passata che ormai appare lontanissima dal presente. Anzi tutt’altro, il film è attuale perché attraverso una storia ambientata all’epoca del muto riesce a raccontare l’essenza del fare cinema, presentando anche gli aspetti negativi di questo mondo che persistono ancora oggi: la facilità con cui un attore perde l’affetto del proprio pubblico, il cinismo delle major nel trasformare un’arte in un puro business, l’attesa del riscontro del pubblico in sala e le invidie esistenti tra le star.

Tutto il cast si dimostra all’altezza dell’ardua impresa, ossia giocare tutta la recitazione sull’espressività del volto e dei gesti, soprattutto gli attori francesi: da Jean Dujardin (Vioncent)  a Bérénice Béjo (Peppy Miller) fino ad arrivare a John Goodman (nella parte del produttore Al Zimmer). Mancando i dialoghi parlati, la colonna sonora fa per forza la parte del leone in questa pellicola, svolgendo chiaramente una “funzione empatica” per accentuare i diversi momenti della storia, che alterna momenti più drammatici a parti più spensierate. Ottima anche la fotografia che sublima l’estetica del bianco e nero.

Insomma, The Artist sembra dirci che dagli anni Venti a oggi il cinema non sia poi cambiato così tanto, perché resta costante il bisogno del pubblico di piangere e di ridere, ossia di ricevere delle emozioni autentiche.

VOTO:  



sabato 4 febbraio 2012

Midnight in Paris

TramaGil, uno sceneggiatore hollywoodiano, si reca in vacanza a Parigi assieme alla futura moglie Inez e ai genitori di lei. Da sempre innamorato della Ville Lumière Gil si ritrova catapultato improvvisamente nel periodo degli anni Venti durante una passeggiata notturna. Riesce così a conoscere gli artisti e gli scrittori dell’epoca che ama di più, come Picasso e Hemingway. Farà di tutto affinché il miracolo si ripeta ogni notte, finché non si accontenterà di vivere il suo presente.



L’ultima fatica dello stakanovista Woody Allen sembra segnare un ritorno al passato rispetto al passo falso commesso con Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni. Midnight in Paris, un vero e proprio omaggio del regista verso la Ville Lumière, sembra contenere infatti gran parte degli elementi che hanno contrassegnato la sua lunga produzione cinematografica. Il film si regge su tre pilastri: i dialoghi; la fotografia; la musica.

La sceneggiatura è sempre stata l’arma vincente di Allen, che con le parole riesce a imporre un ritmo sfrenato alle proprie storie. Anche la fotografia ha da sempre contraddistinto i suoi lavori migliori (si pensi ad esempio a Manhattan e a Ombre e nebbia). Qui la fotografia, affidata a Darius Khondji, crea un’atmosfera calda che richiama alla mente i quadri degli impressionisti, giocando molto sui toni del marrone e del rosso. Infine la colonna sonora ricrea efficacemente l’atmosfera tipica degli anni Venti, epoca in cui cominciò a diffondersi il jazz tanto amato dal regista.

È stata sicuramente una scelta coraggiosa quella di affidare la parte del protagonista all’attore comico Owen Wilson, che non sempre però riesce a reggere il ruolo che avrebbe un tempo interpretato lo stesso Allen. Manca un tocco di sarcasmo nelle sue battute, che spesso scadono in una comicità di poco valore. Sembrano invece ben calati nei propri ruoli tutti gli attori che interpretano gli artisti e gli intellettuali della Parigi degli anni Venti, tra cui spicca una bellissima Marion Cotillard nei panni di Adriana, amante di Modigliani e Picasso, per cui Gil perde la testa.

Il tema portante di Midnight in Paris è chiarissimo e forse anche troppo ostentato: non bisogna illudersi che nel passato si vivesse meglio solo perché ci sembra più brutto vivere nel presente. La verità è che ci ricordiamo solo delle cose migliori delle epoche passate, idealizzandole così tanto da farle sembrare delle età dell’oro. Una trappola in cui cade prima il protagonista della storia che cerca un rifugio dai suoi problemi quotidiani (l’imminente matrimonio, il rapporto con i futuri suoceri, le difficoltà nella stesura del suo prima romanzo), e poi Adriana, che una notte, assieme a Gil, si ritrova catapultata nella Belle époque, da cui decide di non fare più ritorno.

La conclusione della storia è un po’ troppo romantica e scontata, così come l’intero film. Gil decide di lasciare Inez e di rimanere a Parigi. L’incontro notturno con una ragazza francese conosciuta a un mercatino delle pulci fornisce a Gil la ragione per vivere il presente senza vagheggiare più un’età dell’oro mai esistita.

In conclusione l’ultimo lavoro di Woody Allen è un buon film, soprattutto alla luce del precedente, ed è in nomination ai prossimi Oscar per ben quattro categorie (miglior film, miglior regista, miglior sceneggiatura originale, miglior scenografia). Tuttavia il romanticismo esagerato che percorre tutta la pellicola rischia di essere alla lunga stucchevole per gli spettatori e di trasformare la storia in una banale favola con l’immancabile carrozza di mezzanotte. Ci aspettiamo ben altro dal maestro newyorkese.

VOTO: