martedì 4 marzo 2014

And the Oscar goes to...La grande bellezza

Una cavalcata lunga 10 mesi, iniziata a Cannes e conclusasi nei migliori dei modi.

"La grande bellezza" di Paolo Sorrentino, dopo tantissimi riconoscimenti internazionali, ha vinto l'Oscar nella categoria "miglior film straniero". Non succedeva dai tempi de "La vita è bella" di Roberto Benigni, quindici anni fa.

Un giusto premio per il cineasta napoletano che ha saputo, nel corso degli anni, dare vita a bellissime opere, sempre originali, ricche sia esteticamente sia dal punto di vista dei contenuti e impreziosite da personaggi strappati dalla vita reale e prestati alla Settima arte.

In coppia poi con il più grande attore del cinema contemporaneo, Toni Servillo, Sorrentino riesce a dare il massimo. Forse "Il Divo" è un'opera addirittura superiore a "La grande bellezza", sia per la tenuta della sceneggiatura che per i virtuosismi registici, oltre che per la straordinaria interpretazione di Servillo nei panni di Andreotti, ma non poteva essere compresa fuori dai confini nazionali come quest'ultimo film, capace di esprimere un linguaggio universale nel dualismo tra sacro e profano.

Nella recensione pubblicata su questo blog sottolineavo un forte legame con Fellini, in particolare con "La dolce vita" ripresa in toni più decadenti e pessimistici. Un riferimento confermato dallo stesso Sorrentino, che ha menzionato il maestro italiano nel suo discorso di ringraziamento durante l'assegnazione dell'Oscar.

Un regista capace di mischiare il sacro e il profano, un dualismo ben rappresentato anche dai suoi idoli: Scorsese, Fellini, Maradona e i Talking Heads (che io ho apprezzato grazie a Sorrentino, attraverso la sua opera "This Must Be the Place").

Sorrentino ha ringraziato anche Napoli e Roma, due città che vivono nel paradosso di essere bellissime e seducenti per natura, ma al tempo stesso anche piene di contraddizioni, di malessere sociale e simboli anche di una decadenza "morale" italiana diffusa ovunque, dovuta in gran parte a una classe dirigente corrotta e poco acculturata.

Molti erano scettici sulla "bellezza" dell'ultimo capolavoro di Sorrentino, perché mostrerebbe all'estero un'immagine poco edificante dell'Italia. Forse qualcuno pensava che fosse un video-cartolina per far venire i turisti in Italia e a Roma?

Un film non ha il compito di rappresentare un Paese e nemmeno la realtà fattuale, altrimenti si chiamerebbe documentario, ma è un'opera artistica e d'intelletto che va letta come tale.

Ora, nel momento della vittoria nazionale, alcuni "scettici" e goffi criticoni stanno salendo sul carro dei vincitori, per seguire il trend del momento, magari mettendosi una molletta sul naso e chiedendosi perché all'estero piaccia un film italiano del genere. Magari queste persone si sentono chiamate in causa dalla critica del regista partenopeo?

Questa vittoria fa bene non solo al cinema nostrano, che mostra ancora una volta di saper produrre film di qualità e commerciali allo stesso tempo, di portata universale e quindi comprensibili anche all'estero, ma all'Italia intera.

Da qui dovrebbe ripartire un po' di fiducia nazionale verso le nostre capacità artistiche e culturali uniche al mondo, cercando di fare della cultura e dell'arte degli asset fondamentali per la rinascita dell'Italia.

Ma ora è tempo di festeggiare con Jep Gambardella!
Quindi scusatemi, ma mi devo unire al trenino...